sabato 20 aprile 2013

L’IMPORTANTE È PARTECIPARE?

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Parliamo di calcio? Dalle nostre parti non se ne parla molto. O meglio, si parla di quello nazionale: Milan, Inter, Juve etc. Anche perché le squadre provinciali (purtroppo) non è che ispirino grandi entusiasmi e argomenti di discussione da bar. Non per mancanza di amor di patria pedatoria, ma proprio perché a parte qualche rara eccezione, difficilmente ci si fa entusiasmare da quello che c’è in ambito calcistico dalle nostre parti. Però parliamone lo stesso di calcio. Anche perché in realtà di tifo da noi ce n’è. E anche di campanilismo. E questo è un abbinamento che porta a rivalità accese dentro e fuori dai campi. Basta andare la domenica pomeriggio a vedere una partita di qualsiasi serie trentina per imparare parolacce che non si pensava esistessero. E questo succede anche il sabato pomeriggio e la domenica mattina quando a giocare sono i bambini e i ragazzi. E in quel caso spesso sono i genitori a sfoggiare un linguaggio da stadio… primordiale, alla faccia della valenza educativa dello sport. Quello che manca in questo ambito è l’obiettività: sarà anche vero che il difensore della squadra avversaria il pallone l’ha toccato con la mano, ma è anche vero che il tuo centravanti poco prima si è tuffato per un fallo inesistente. E allora, dai! Vedrai che l’arbitro una volta sbaglia contro e una volta sbaglia a favore. Non può essere sempre una crociata contro qualcuno o un complotto contro qualcun altro. E questi poveri arbitri, che vita fanno a subire non solo offese, ma vere e proprie minacce da parte di giocatori insofferenti e da tifosi insopportabili? Diciamo la verità. Non è che in tutte le partite ci sono scene di ordinaria follia calcistica. Ci sono anche dei bei pomeriggi di sport dove sono i gol e le belle giocate a essere protagonisti, e questo è un segno di maturità da parte di chi sta dentro e fuori il rettangolo verde. Ma purtroppo la maggioranza delle domeniche calcistiche sia nazionali che locali è fatta di simulazioni, sgarbi e sgambetti, falli di reazione e incapacità di tollerare ansia e frustrazione da parte di giocatori, allenatori, dirigenti e tifosi. Tutti in coro in un unico grido: “rigore, arbitro!”. A questo proposito finisco con una citazione. Vi ricordate Vujadin Boskov, l’allenatore della Sampdoria campione d’Italia 1991? A lui si deve probabilmente la più bella e azzeccata frase calcistica che azzera in un attimo ogni polemica o discussone: “rigore è quando arbitro fischia”. 

UNA COSA CHE FUNZIONA. IL CERTIFICATO INPS.

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Fra le tante cose che in Italia (e quindi anche in Trentino) non vanno o non vanno come dovrebbero, vorrei parlare una volta tanto di una situazione che invece funziona che è un piacere. Vi ricordate la trafila che si doveva compiere fino a qualche anno fa per comunicare all’INPS e al datore di lavoro di essere ammalati? Funzionava così: si andava dal dottore che decideva se e per quanti giorni lo stato di malattia comportava l’assenza dal lavoro. Il medico compilava il certificato apposito in duplice copia: una per l’INPS e una per il datore di lavoro. La prima cosa da fare, di solito, era telefonare sul posto di lavoro e comunicare quanto sopra. Poi si doveva fare arrivare nell’ufficio INPS più vicino la copia del certificato di competenza (entro 24 ore sennò si rischiava di perdere la copertura della malattia). Ovviamente 1: l’ufficio INPS aveva i suoi orari e se usciti dal dottore l’ufficio era chiuso ci si doveva andare il giorno dopo o spedirlo via posta (sempre se non era chiuso anche l’ufficio postale). Ovviamente 2: in caso di impossibilità negli spostamenti (malattia debilitante o fratture varie), ci si doveva fare accompagnare o chiedere a qualcuno che te lo consegnasse. Quindi: spostamenti, spedizioni di lettere in posta (con coda relativa) o spostamenti di persone terze e di veicoli con investimento di tempo e di denaro. Stessa trafila per la copia del cerificato che si doveva consegnare al datore di lavoro. Una bella seccatura. Ora, per fortuna, dopo una iniziale partenza “elettorale” finta, celebrata dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione Renato Brunetta (finta perché lui nel 2010 la dava per cosa fatta mentre in realtà mancavano i pc e le linee internet negli ufici), ora dicevo, dal 2011 c’è l’invio telematico dei certificati suddetti. In pratica il dottore invia in tempo reale all’INPS tramite internet il certificato di malattia e l’INPS lo gira in automatico al datore di lavoro. Tu esci dall’ambulatorio e già è stato tutto fatto, senza portare, consegnare, spedire, consumare tempo e benzina. L’unico impegno che rimane è quello di telefonare al datore di lavoro per preannunciare quanto sopra. Comodo, vero? Un’iniziativa che Brunetta considerava solo punitiva verso i lavoratori che secondo lui si dichiaravano malati secondo esserlo è diventata una comodità sia per gli uffici che (oh rabbia! Renato) per i lavoratori. 

mercoledì 27 febbraio 2013

L'INNO DI GORAN BREGOVIC E IL LIVORE TRENTINO


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Dico la mia sull’Inno dei Mondiali di Fiemme 2013 composto da Goran Bregovic. O meglio, sui molti commenti alla canzone postati sul sito del quotidiano L’Adige e su Youtube. Non entro per il momento in merito al compenso di Bregovic, all’opportunità di averlo fatto comporre a un musicista straniero, alla diversità della canzone rispetto alla tradizione musicale e culturale trentina e a chi più ne ha più ne dica. Non entro nel merito… ma lo farò alla fine di questo mio commento. Vorrei per il momento parlare del livore di cui erano pieni molti dei commenti suddetti. Tra quelli di chi avrebbe preferito fare comporre l’Inno agli Articolo 3ntino o ai Glockenthurm o al Coro della SAT; tra quelli di chi difende a spada tratta la “trentinità” minacciata dalla composizione “straniera” di Bregovic; tra quelli di chi si lamenta dei soldi che è costato l’Inno in un periodo nel quale la gente fa fatica a vivere; tra tutti questi, dicevo, giusti o sbagliati, condivisibili o meno che siano, ce ne sono alcuni che lasciano senza fiato. Senza fiato per la cattiveria e la rancorosità con la quale sono stati scritti. Senza fiato per le offese verso chi (Bregovic) ha alla fine realizzato un lavoro che gli è stato comissionato. Senza fiato in definitiva perché fanno pensare che molte persone non siano più in grado di criticare o anche muovere delle accuse senza riuscire a non scadere nell’aggressione verbale e nella volgarità. Una modalità questa, che è purtroppo figlia della televisione e di chi la frequenta. La modalità di un politico che, se viene accusato di un reato, non si rimette alla clemenza della corte ma accusa i giudici di complottare contro di lui. La modalità di un allenatore che non accetta un rigore sospetto verso la propria squadra ma che non dice nulla se gli danno a favore un gol fantasma. La modalità in definitiva, di chi ha sempre ragione a prescindere e non accetta che la cosa non venga accettata. Una modalità che purtroppo sta diventando quella di tante persone normali.  Dov’ero rimasto? Ah sì, ai commenti. Ne riporto per conoscenza e tale e quale uno che vale per tutti quelli postati sul sito de L’Adige: “non siamo zingari...uguale alla colonna sonoro di "gatto nero gatto bianco"! niente a che fare col trentino...LE MIE IMPOSTE BUTTATE IN TRE NOTE STONATE....”. Questo invece è uno di quelli pubblicati tra i commenti al video dell’Inno su Youtube: “con tutti i cori famosi nel mondo TRENTINI e con tutti i cantanti italiani, abbiamo dovuto strapagare per sti c***o di mondiali un cogli*ne slavo comunista a rappresentare tutti noi!!! BRAVI COMPLIMENTI A QUELLI CHE LO HANNO PERMESSO!!! VERGOGNA!!!”. Livore, astio, rancore e odio allo stato puro. Eccone invece uno simpatico e ironico tra quelli de L’Adige: “Propongo un inno il cui tema musicale sia il rumore del sobbollire dei canederli, alternerei strofe musicali con muggiti e campanacci a qualche lacrimevole e ormai stradefunta dosolina che scrive al moroso. Che nessuno intacchi la nostra trentinità ...che soprattutto nel campo della tradizione musicale non ha eguali..”. Questo non era male come presa in giro della ottusità, vero? Ok, che dire di più? Solo che come avevo detto all’inizio ora l’Inno di Bregovic lo commento anch’io. Sul costo non saprei. Immagino sia in linea con compensi artistici simili. E in ogni caso con altre spese “provinciali”. A me l’Inno è piaciuto. Finalmente una canzone nella quale si parla di montagna in maniera allegra e coinvolgente. Non è necessario essere tristi e seriosi per parlare di tradizioni. Una lezione che i nostri vicini austriaci e altoatesini hanno imparato in fretta (vedi dj Ötzi) ma che in Trentino non si vuole considerare per non venire accusati di offendere l’Autonomia o chissà che altro. Come se avere voglia di divertirsi fosse in contrasto con la nostra storia e la nostra cultura. Perché invece non farsi trascinare dal ritmo e ballare? Buon divertimento a tutti!

TUTTI A PINZOLO A (NON) VEDERE L'INTER



Leggo su un quotidiano locale che il Comune di Pinzolo ha recentemente erogato un “ulteriore” contributo di 50 mila euro al Comitato che l’estate scorsa ha organizzato il ritiro dell’Inter in Val Rendena. L’articolo si pone la domanda: “altri 50 mila rispetto a un contributo iniziale di quanti euro?”. Né l’assessore al turismo di Pinzolo né la presidente del Comitato (che sono tra l’altro la stessa persona), hanno per il momento saputo dirlo con certezza: “i dati esatti li potremo dare in occasione della presentazione del bilancio”, è stata la risposta. Per capire quale possa essere stata questa spesa, ho fatto un giro in internet. Il sito www.sport.sky.it si riferisce al ritiro dell’Inter del 2011: “nei 13 giorni di ritiro, costati a Comune e sponsor vari mezzo milione di euro, spesi in ospitalità, gestione dei campi, allestimenti in sala stampa e nelle vie del paese, la società nerazzurra ha permesso il rientro (e non solo) dei soldi investiti grazie a numeri esorbitanti: 100 mila presenze durante il ritiro, 60 mila posti letto esauriti, quasi 9 mila panini venduti nei bar, quintuplicati gli incassi degli esercenti di Pinzolo rispetto a un anno fa”. Ricapitolando: i soldi spesi (in gran parte pubblici, quindi nostri) sono tanti, ma tante sono anche le ricadute (non per tutti noi ma per le attività ricettive di Pinzolo. Io l’anno scorso a Pinzolo ci sono stato, per fare respirare ai ragazzi della cooperativa dove lavoro un po’ di aria buona e un po’ dell’atmosfera che si crea intorno a una squadra di calcio. Per l’aria buona c’è andata bene, per il resto no. Si, perché dopo avere controllato sul sito dell’Apt di Pinzolo se la mattina in questione era previsto l’allenamento dell’Inter, abbiamo preso contatto con un’ addetta dell’ufficio turistico che ci ha fatto avere i pass. Il fatto è che quella famosa mattina dei giocatori non ne abbiamo visto neanche mezzo. Si perché la squadra svolgeva lavoro atletico in un tendone chiuso e l’unica altra occasione di contatto con il pubblico è stata l’uscita ad alta velocità dei pulmini con i giocatori a bordo dal cancello del centro sportivo. Peccato per i ragazzi che erano con me che ancora se lo ricordano di (non) avere visto i loro beniamini. Peccato per le migliaia di turisti che a loro volta (non) hanno visto un tubo. Fosse stato di saperlo… Ecco, se una piccola parte del mezzo milione di euro che costa l’Inter a Pinzolo venisse investito nel divulgare meglio il programma delle “fatiche” giornaliere dei calciatori, sarebbe una bella cosa.

sabato 5 gennaio 2013

RAPPORTI UMANI TECNOLOGICI COME ALTERNATIVA ALL’OBLIO

Quanti SMS avete inviato per Natale e Capodanno? Tanti, vero? Alcuni immagino tantissimi. I ragazzi infinity.
E quante persone siete andati a trovare di persona per gli auguri? I parenti e gli amici più stretti immagino.
E poi: alcune telefonate le abbiamo fatte, ci mancherebbe, ma gli SMS e i messaggi con Facebook molto probabilmente sono stati i protagonisti delle relazioni sociali delle feste.
Non preoccupatevi, questo è ormai il modello di comunicazione che abbiamo. Non è certo quello che si usava una volta quando non c’erano smartphone e social network e le visite in casa erano più frequenti anche fuori dalle feste.
Forse le persone avevano più tempo di adesso, forse si creavano meno impegni “improrogabili”, forse era proprio un altro mondo.
Ora il lavoro, la famiglia, gli hobby e perché no, la pigrizia, ostacolano i contatti umani “di persona” a vantaggio di quelli “multimediali”.
Accontentiamoci, la realtà è questa ormai.
Eppure, anche se è la consuetudine, capita ancora di chiamare il cellulare di qualcuno che si conosce senza avere riscontro e senza venire richiamati. Oppure di inviare SMS ai quali non si avrà una risposta.
È vero che si può essere troppo occupati per rispondere al telefonino, ma questo non impedisce di chiamare più tardi chi ti ha cercato.
È vero anche che si pensi di rispondere a un messaggino in un secondo momento per poi dimenticarsene.
È anche vero che si può decidere in tutta libertà (ci mancherebbe) di non rispondere né al telefono né agli SMS.
Solitamente queste non risposte vengono poi rubricate come: “ho visto tardi la chiamata” e “non guardo spesso i messaggi”.
Però bisogna essere coscienti che questo non richiamare e non rimessaggiare, equivale al non aprire la porta a qualcuno che ti è venuto a trovare.
Si, perché sarà anche vero che i messaggini possono sembrare impersonali come e più delle telefonte, ma se la modalità di contatto è ormai questa, una non risposta equivale a una porta chiusa. Lo sappiamo tutti che sarebbe più bello parlarsi di persona, ma non con tutti è possibile farlo. In molti casi si può prendere contatto, comunicare e perché no, organizzare qualcosa anche con un SMS; o esprimere concetti e manifestare sentimenti anche con un messaggio Facebook.
Se la fantomatica visita a casa non si può fare, l’alternativa è l’oblio.
Siamo proprio sicuri di preferire il secondo, solo perché non siamo abituati a usare la tecnologia?

lunedì 24 dicembre 2012

RACCONTO DI NATALE: BABBO NATALE È DIVENTATO ANARCHICO.

 Foto tratta da www.cicliegann.finanza.com

“Dai, che tra poco abbiamo finito”. L’agente di polizia Tomasi inspirò a fondo e nel soffiare fuori l’aria tra i denti, sembrò espirare anche la tensione del pomeriggio.
Il carabiniere Degasperi lo guardò serio, perché lui invece, di tensione, ne aveva in corpo parecchia. D’altronde il convegno natalizio della coalizione politica di maggioranza, non era una cosa da prendere sottogamba.
Era vero che a sentire i giornali in questa fortunata provincia non succedeva mai niente di particolare e nel caso, veniva risolto in maniera efficace e molto mediatica. Del resto, in questo periodo di crisi, il Trentino non era una delle poche zone additate come esempio dal resto dell’Italia? E poi, quanti anni erano che l’alleanza trentina di maggioranza dominava elezioni e situazioni, dicendo di garantire sempre tranquillità e serenità alla popolazione?
Anche se la verità che si vedeva tutti i giorni e che veniva riportata solo da internet, era quella di un territorio che viveva povertà, problemi sociali e disordini di piazza come nelle altre parti d’Italia. “Che c’è Degasperi, a che pensi? Non dirmi che hai paura che succeda qualcosa?”.
Tomasi lo guardò con un’aria divertita che solo un poliziotto poteva avere. Un collega dell’arma non si sarebbe permesso di fare domande simili. D’altronde non c’era scelta: era finita l’epoca delle coppie di carabinieri.
I tagli alla spesa del governo avevano colpito sia il ministero della Difesa che quello dell’Interno. Ora le forze di sicurezza erano un misto di carabinieri e di poliziotti, con l’innesto graduale delle guardie piumate südtiroltrentine che, diceva il magistrato, li avrebbero presto sostituiti.
“Guarda che anche se ci tocca fare finta che vada tutto bene, non vuol dire che dobbiamo smettere di stare attenti”. Invece di mostrarsi colpito dalla sua frase, il poliziotto fece un altro sorriso e si girò a guardare il palco.
Il candidato presidente del PCT, il Partito del Canederlo Trentino, diretto discendente della Margherita e dell’UPT, aveva appena terminato il suo accorato appello all’autonomia e ai valori fondanti di questa terra, “che è sempre più ponte verso il mondo altoatesino e germanico dal quale discendiamo e con il quale dobbiamo collaborare per una proficua continuazione delle prerogative della nostra autonomia eccetera, eccetera”.
L’applauso della sala scrosciò assordante. Accanto a lui, il leader del PTSP, il Partito Trentino Strudel Popolare, accondiscendeva soddisfatto.
Anche Tomasi era soddisfatto. Il pomeriggio era passato tranquillo tra i discorsi, le benedizioni religiose, le interviste dei giornalisti, gli auguri di Natale e i buoni propositi per consolidare il patto tra i due partiti che secondo le previsioni dovevano amministrare il Trentino ancora per qualche lustro.
Le poche manifestazioni di dissenso si erano avute all’ingresso dell’albergo nel quale si teneva il congresso. Là fuori i ragazzi dei centri sociali, recentemente alleatisi con i rappresentanti della Lega della “Panada”, il partito secessionista che aveva come simbolo la zuppa di pane trentina, stavano dimostrando con slogan e cartelli.
Strana associazione, quella tra giovani di sinistra e intolleranti di destra, ma d’altronde, come si sentiva da più parti, l’opposizione in Trentino non esisteva più da anni. I ceti svantaggiati e la moltitudine dei nuovi poveri non avevano altra rappresentanza se non in questa anomala coalizione. E poi c’erano i gruppi di neofascisti che stavano terrorizzando sempre più la città.
Tomasi lo distrasse di nuovo dai suoi ragionamenti: “rilassati Degasperi, stasera quando smontiamo ti offro una birra al Pedavena, che ne dici?”.
Il carabiniere stava per replicare, quando un movimento in sala attirò la sua attenzione. Una figura massiccia stava avanzando con passo veloce tra le file di sedie. Degasperi pensò si trattasse di una delle guardie südtiroltrentine, ma quello che era arrivato in cima alla sala e che stava ora salendo gli scalini che portavano sul palco, non era vestito di verde ma di rosso, tanto per un momento al carabiniere sembrò “il Gabibbo! È il Gabibbo”, gridò divertito il poliziotto Tomasi.
L’omone intanto si era avvicinato ai due leader politici che si erano rifugiati dietro il tavolo con i molti vassoi pieni dei simboli della loro alleanza: i canederli tirolesi e lo strudel trentino. “No, è Babbo Natale!” disse una voce vicino a Tomasi e Degasperi. I due si girarono, e il bambino, figlio di qualcuno dei presenti, disse di nuovo: “è Babbo Natale!” mentre guardava estasiato l’omone vestito di rosso.
Degasperi e Tomasi scattarono all’unisono verso il palco pensando che si potesse invece trattare di un malintenzionato. La scaletta era stretta e i due iniziarono a salirla insieme, con l’intenzione di arrivare uno prima dell’altro ma soprattutto prima delle guardie piumate che si stavano avvicinando dal fondo della sala e alle quali non volevano lasciare il merito dell’intervento. Il risultato fu quello di trovarsi incastrati in un groviglio di bandoliere e cinturoni da fare invidia a una comica di Ollio e Stanlio.
Nel frattempo l’intruso vestito di rosso che rivelava una folta barba bianca e degli altrettanto candidi capelli, si era ficcato in bocca una fetta intera di strudel “politico” e dopo avere afferrato un enorme vassoio di canederli era saltato giù dalla parte opposta del palco con inaspettata agilità. Si stava dirigendo ora verso la porta che portava alle scale di sicurezza.
Degasperi e Tomasi, dopo essersi divincolati l’uno dall’altro, saltarono a loro volta giù dal palco, crollando addosso al gruppo di guardie piumate che stavano correndo dietro il fuggitivo. Il carabiniere e il poliziotto si rimisero in piedi a fatica e dopo avere raggiunto la porta dalla quale era sparito il sospetto, estrassero le pistole di ordinanza e la spalancarono, ritrovandosi su un pianerottolo.
Le scale discendenti portavano all’uscita di sicurezza del piano terra e quelle che salivano permettevano di accedere al terrazzo dell’albergo. Tomasi stava per scendere ma Degasperi lo bloccò indicandogli il berretto rosso che l’uomo vestito di rosso aveva perso sugli scalini che portavano di sopra. Il poliziotto lo raccolse e i due iniziarono a salire.
In quel momento arrivò il gruppo delle guardie di partito e Tomasi gridò: “noi andiamo di sopra, voi scendete di sotto”, e strizzò l’occhio al collega. Bravo Tomasi, pensò Degasperi, meglio non avere tra i piedi quel drappello in calzoni tirolesi.
Ripresero la salita e arrivati in cima uscirono sul terrazzo. Tre piani di sotto si sentivano gli schiamazzi delle guardie piumate che erano uscite in strada mescolarsi agli slogan dei contestatori. Il carabiniere e il poliziotto si guardarono in giro con cautela impugnando le pistole.
Vicino alla balaustra del terrazzo c’era il fuggitivo accanto a una enorme slitta da neve, uguale a quella che da bambini Degasperi e Tomasi avevano sognato mille volte la notte di Natale. Attaccate davanti c’erano nove renne e l’uomo vestito di rosso stava dando loro da mangiare i canederli che aveva preso sul palco.
I due si avvicinarono. Tomasi aveva ancora in mano il cappello rosso, Degasperi lo seguiva con la bocca spalancata come un bambino, guardando il sacco enorme sul retro della slitta.
“Si, ci sono i doni là dentro”, sembrò leggergli nel pensiero Babbo Natale. “Ora infatti devo riprendere il mio viaggio: ho ancora qualche casa da visitare. Mi sono fermato un attimo a prendere qualcosa da mangiare per le renne. Purtroppo in questo periodo di crisi anch’io faccio fatica a sostenere le spese. E visto che i politici di questi problemi non sembrano averne, sono venuto dove cibo ce n’era in abbondanza.
Questo dev’essere mio” disse prendendo il berretto rosso dalle mani di Tomasi e mettendoselo in testa. “Che ne dite se ci vediamo a fine turno al Pedavena per una birra? Sapete, anch’io in servizio non posso bere…” e facendo un sorriso ai due uomini in divisa, salì a bordo.
Tirò dolcemente le briglie e le renne iniziarono a librarsi in aria. La slitta di Babbo Natale si alzò dal terrazzo e volò via con un suono di campanelli.
Tomasi e Degasperi la seguirono con lo sguardo mentre girava l’angolo del palazzo di fronte. Dalle scale si sentiva della gente salire di corsa.
Probabilmente le guardie südtiroltrentine e magari qualche giornalista.
Tomasi si girò verso Degasperi e disse: “e ora cosa raccontiamo al magistrato?”.

sabato 22 dicembre 2012

MALEDUCAZIONE E FIGURACCE IN CHIESA A BORGO VALSUGANA.

Foto tratta da pokerforum.pokeritaliaweb.org

Sei nella chiesa di Borgo Valsugana per assistere al concerto di Natale della Scuola musicale.
Come al solito è tutto pieno e con tua moglie trovi posto solo in piedi nella navata laterale di sinistra. Va bene lo stesso: l’importante è riuscire a vedere e sentire tua figlia che canta nel coro.
Dopo un po’ si liberano due posti in uno degli ultimi banchi in fondo. Tu e tua moglie vi sedete e vi apprestate a godervi il resto del concerto.
Dopo un po’ arriva una coppia che in barba a qualunque elementare segno di rispetto, si mette in piedi nel corridoio che interseca la navata centrale, davanti al gruppo di banchi dove sei tu.
I due, che per comodità da ora in avanti chiameremo Maleducato e Maleducata, impediscono di vedere a voi e a tutte le persone che hanno la sfortuna di trovarsi nell’angolo di visuale dietro di loro.
Questi sfortunati, genitori e nonni dei bambini e ragazzi che stanno cantando e suonando, iniziano a mostrare segni di insofferenza perché vedono solo la schiena della coppia che si sta invece godendo in tutta tranquillità la manifestazione. Tra l’altro i banchi davanti a loro ora sono vuoti perché i bambini che li occupavano sono saliti vicino all’altare per cantare e i due si potrebbero sedere comodamente.
Ti alzi e ti avvicini a Maleducato. “Scusa, vi potreste spostare che da dietro non si riesce a vedere?”, gli chiedi gentilmente. Lui si gira e con un’espressione da bullo del bar sport ti risponde: “perché non ti sposti tu?”.
Facendo appello alla calma che il clima natalizio richiede, gli rispondi: “il fatto è che non ci sono solo io a non vedere, ma tutte le 50 persone che ti stanno dietro”.
Maleducato sbuffa per manifestare il suo disappunto ma si sposta nella navata laterale. Maleducata invece non si schioda di un millimetro dalla sua posizione, tronfia di un diritto egoistico al quale non si sogna nemmeno di rinunciare.
Vabbè, ti dici, mi accontento. Mentre torni a sedere incroci gli sguardi riconoscenti delle persone sedute che ora riescono a vedere meglio il concerto.
Non passa un minuto che un’altra coppia si mette vicino a Maleducata, creando nuovamente uno schermo di arroganza che impedisce di vedere lo spettacolo.
Un po’ ti girano, ma cosa fai: ti alzi e chiedi di spostarsi anche a loro? Con il rischio che dopo un attimo arrivino altri due prepotenti al loro posto?
Chi se ne frega, pensi: godiamoci il concerto meglio che si può.
Poi ti scappa l’occhio verso la navata laterale e vedi Maleducato che con un gesto da bullo del Roxy bar, ti fa un cenno che vuole dire: “dai, fai spostare anche loro. Non ne hai il coraggio, vero?”, per poi ritornare con arroganza al suo posto di prima, creando a questo punto una cortina di zoticità impenetrabile.
Mentre ti rassegni ad accettare questa manifestazione di inciviltà e ti sposti nella navata laterale per seguire in piedi l’ultima parte del concerto, succede quello che non ti aspetti.
Una signora anziana seduta dietro, si alza e si avvicina a Maleducato. Gli dice qualcosa e gli indica i posti vuoti davanti. Maleducato non ha il coraggio di replicare alla signora e si siede come un monello che è stato sgridato, facendo probabilmente una delle peggiori figuracce della sua vita.
Maleducata non si sogna nemmeno di seguire il suo compagno e rimane piantata boriosamente in piedi sulla sua porzione di marmo. Anche l’altra coppia non pensa minimamente di spostarsi.
Fa lo stesso: la soddisfazione di avere visto Maleducato fare questa pessima figura è impagabile e le facce soddisfatte delle persone sedute ti da’ l’ulteriore soddisfazione che almeno questa volta il più furbo non l’ha avuta vinta.

venerdì 21 dicembre 2012

DAL MESSICO: FINE DEL MONDO ED EFFETTI DEL DEMONIO.


Foto tratta da festivalmixmilano.com

Oggi è prevista la fine del mondo. Su questo argomento ho ricevuto ieri sera una mail da un prete valsuganotto amico mio che si trova in Sud America.
Padre Damiano fa parte di un’equipe che in Messico si occupa di esorcismi. Ecco, se chi legge inizia a storcere il naso, anch’io quando me ne ha parlato prima di partire gli ho chiesto se scherzasse.
Lui stesso inizialmente era dubbioso sulla cosa, ma nelle mail che mi ha mandato durante la sua presenza in Messico mi ha fatto capire di essersi ricreduto. In quell’equipe di scaccia diavoli lui non ci è entrato molto volentieri. Damiano è uno dei massimi esperti che la chiesa ha nel ramo dell’antropologia e per questo gode di grande stima in certi ambienti del vaticano. Per questo non si è potuto rifiutare di far parte di quel gruppo di religiosi/scienziati che tengono monitorati i molti casi di esorcismo che si sono avuti nei villaggi dell’entroterra messicano.
Torniamo alla sua mail. Eccone il testo:
“Ciao Paolo. Non avrei mai voluto ammetterlo, ma mi sto ricredendo sulle ricerche che stiamo facendo a proposito del maligno. Tu sai quanto io sia sempre stato scettico, ma ieri siamo andati in un villaggio nei pressi di Chichen Itza, nel sud est del Messico, vicino a uno dei siti archeologici più rappresentativi della cultura Maya. Lì ho avuto un’esperienza che mi ha sconvolto.
Un prete del posto ci aveva parlato di un probabile caso di possessione diabolica di una ragazzina. Ci siamo andati solo io e padre Merini, l’esorcista anziano dell’equipe, perché gli altri erano impegnati in una conferenza stampa con l’ambasciatore italiano in Messico. La preoccupazione qui è alle stelle per le voci che sempre più stanno collegando le profezie dei Maya sulla fine del mondo ai sempre più frequenti casi di possessione diabolica avuti nella zona.
Quando siamo arrivati al piccolo villaggio, il prete ci ha detto che la ragazzina era morta. Ci ha portati nell’abitazione della famiglia della posseduta raccontandoci che nella settimana precedente la ragazza aveva parlato in lingue che non conosceva e che aveva dato prova di pericolosità per sé e per chi gli stava intorno.
Il corpo della ragazza era nella sua stanza, riverso ai piedi del letto. Quando gli infermieri l’hanno girata sia io che padre Merini siamo sbiancati. Non presentava segni di violenza o altro che lasciasse pensare ad altri tipi di morte. Ma il terrore impresso sul suo viso le aveva deformato l’espressione e faceva capire che probabilmente era morta per un infarto provocato da uno spavento enorme.
Mentre stanotte io e padre Merini stavamo uscendo dalla casa discutendo sul fatto che se la possessione era reale il maligno poteva essere ancora nei paraggi, abbiamo incontrato un bambino che doveva essere il fratello della defunta. Il piccolo ci ha dato un cellulare, dicendo semplicemente: “questo era suo”, prima di andarsene con uno sguardo spaventato.
Non so perché ma mi sono messo in tasca il cellulare pensando che chissà, avrebbe potuto contenere delle informazioni su quanto era successo alla ragazza e cosa avesse potuto provocarlo. Stamattina, ritornato a casa, l’ho acceso. Appena si è illuminato, sul display è apparsa l’immagine sfuocata di un viso piagato e sofferente che aveva occhi di fuoco. Il telefono ha iniziato a scottare nella mia mano e io mi sono spaventato. L’ho gettato per terra e l’ho schiacciato con un piede.
È il maligno, capisci? Sta usando i mezzi tecnologici e la rete internet per infettare le persone che li usano. È come un virus che potrebbe presto possedere milioni di persone. È questa la fine del mondo! La chiesa non può niente contro questo attacco.
Ho scritto a quante più persone ho potuto, usando anche i social network per avvertire tutti di questo pericolo. Scrivine anche tu, prima che sia troppo tar
La mail di padre Damiano si è interrotta così, come se fosse successo qualcosa. Ogni mio tentativo di ricontattarlo è stato vano. Solo stamattina ho potuto avere notizie via mail da padre Merini. Mi ha detto che il mio amico è a letto con la febbre e che sono tutti preoccupati. Non so cosa stia succedendo ma mi è presa questa paura che padre Carasi possa essere vittima di una possessione diabolica causata dal cellulare di quella ragazza. E ho ancora più paura che le mail che lui ha inviato possano anche loro causare la propagazione del virus demoniaco di cui parlava.
E se io ne scrivo su un quotidiano online che succederà?
Lo propagherò a mia volta?
Chi legge potrebbe essere posseduto a sua volta?
In ogni caso è mio dovere avvertire quante più persone di questo peric

domenica 16 dicembre 2012

AUGURI DI NATALE ANTICIPATI


Eccolo, è là. Quasi in fondo al calendario: è segnato di rosso come fosse una domenica. Però se si guarda con più attenzione, si nota che quel rosso è ancora più acceso. Si, è proprio lui, il 25 dicembre: il giorno di Natale. È vero che manca ancora un po’ di tempo ma vi va se proviamo a fare un po’ di auguri? Però di quelli veri, buoni; di quelli positivi insomma, sia per chi è religioso che per chi non crede. A chi è intollerante verso chi viene da fuori, l’augurio di innamorarsi o diventare amico di una persona straniera, perché capisca che a volte le differenze non sono poi così negative. Ai genitori musulmani l’augurio di accettare se la propria figlia esce con un italiano, perché è la sua felicità la cosa più importante. All’idraulico e al meccanico l’augurio di capire che rilasciando la fattura permettono agli ospedali e alle scuole di funzionare meglio, anche per loro e le loro famiglie. Al candidato l’augurio di comprendere che ogni cittadino è una persona, prima di essere un elettore; anche dopo le votazioni. All’automobilista arrabbiato l’augurio di essere più paziente con chi non parte subito quando scatta il verde, perché un attimo di distrazione si può accettare e forse è capitato anche a lui. All’automobilista distratto l’augurio di fare un gesto di scuse quando per errore salta uno stop o dimentica di mettere la freccia, perché può succedere anche questo. All’impiegato, all’infermiere, al cameriere e al negoziante l’augurio di essere cortesi con le persone, perché questo è un aspetto del loro lavoro. Ai clienti dei negozi e a chi entra in un ufficio, l’augurio di chiedere le cose con educazione perché è una cosa che aiuta chi lavora. Al capoufficio e ai titolari delle aziende, l’augurio di fare i complimenti ai dipendenti quando fanno bene un lavoro, perché la gratificazione è importante quanto lo stipendio. Agli amici l’augurio di non distrarsi quando qualcuno gli sta parlando, perché non basta sentire, bisogna anche riuscire ad ascoltare. A chi è malato, l’augurio di trovare un gancio di positività al quale afferrarsi per non cadere nel burrone della rassegnazione che non guarisce. A chi si lamenta senza averne in fondo grandi motivi, l’augurio di riuscire a guardarsi intorno e capire chi sta male veramente. A tutti voi che state leggendo l’augurio di farsi avvolgere dall’atmosfera del Natale e di riuscire a farla sconfinare più in là, in un 2013 che speriamo possa essere sano, interessante e sereno.

mercoledì 28 novembre 2012

SOLIDARIETÀ AI PARLAMENTARI TRENTINI

 
Il 24 novembre scorso sul sito de “Il Sole 24 Ore” http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-24/parlamento-riforme-rischio-081003.shtml?uuid=AbrEzz5G, viene sollevato il dubbio che il Parlamento riesca a portare a termine le riforme in programma a causa dei pochi giorni ancora disponibili per le votazioni dei provvedimenti.
Il “Sole” riporta infatti che con le elezioni politiche in vista, il Parlamento dovrebbe sospendere i lavori il 18 gennaio, quindi con soli 30 giorni effettivi di lavori in aula.
Il 25 novembre sempre sul sito del giornale di Confindustria http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-25/fini-settimana-lunga-ferie-142644.shtml?uuid=AbSY1G6G vengono riportate le intenzioni del presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini per riuscire a portare a compimento le votazioni rimanenti.
“La prima cosa da fare è lavorare di più. Chiederò di intensificare il ritmo di lavoro dei deputati. Oggi in Aula si vota solo dal martedì pomeriggio al giovedì, servirebbe votare anche il lunedì e il venerdì. Ho qualche scetticismo sulle possibilità di riuscire, l’andazzo di questi tempi purtroppo non è incoraggiante. Non sarà facile serrare i ranghi e votare di più nel corso della settimana”.
Il presidente della Camera ha qualche speranza in più riguardo al ridurre le vacanze natalizie dei parlamentari: “Sicuramente qualcosa si può fare. Non è scritto da nessuna parte che le Camere debbano chiudere tra il 22 dicembre e l’Epifania. Chiederò di lavorare almeno tra il 27 e il 28 dicembre e poi il 3 e il 4 gennaio. Su questo credo di non incontrare troppe resistenze”.
C’è aria di super lavoro per i deputati e i senatori eletti in Trentino Alto Adige.
Alla Camera dovranno aumentare il loro impegno Gianclaudio Bressa, Laura Froner e Marialuisa Gnecchi del Partito Democratico; Maurizio Del Tenno, Manuela Di Centa e Giorgio Holzmann del Popolo della Libertà; Maurizio Fugatti della Lega Nord; Siegfried Brugger e Karl Zeller della Südtiroler Volkspartei.
Al senato dedicheranno più energie Cristiano De Eccher e Giacomo Santini del Popolo della Libertà; Sergio Divina della Lega Nord; Oskar Peterlini, Manfred Pinzger e Helga Thaler Ausserhofer della Südtiroler Volkspartei; Claudio Molinari di Alleanza per l’Italia.
A questi vanno aggiunti la deputata Letizia De Torre e il senatore Giorgio Tonini del Partito Democratico entrambi trentini ma eletti nelle Marche.
Non vi sembra il caso di esprimere la nostra solidarietà ai nostri parlamentari trentini per i giorni in più che dovranno lavorare e le vacanze in meno che faranno? Sarà anche vero che per questo prendono il loro stipendio http://www.gazzettino.it/nordest/primopiano/trentino_alto_adige_16_parlamentari_zeller_e_thaler_superano_i_400mila_euro/appr/37394.shtml; che hanno delle agevolazioni al ristorante del Parlamento http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/11/polemica-sui-prezzi-stracciati-del-ristorante-del-senato-schifani-listino-da-adeguare/151128/; che dispongono di alcuni benefici
Anzi, cari parlamentari trentini, se avete bisogno di qualcosa, sapete dove trovarci: alla voce contribuenti.